E se Belzebù non fosse poi così cattivo: brevi considerazioni eretiche su Musk, Stato e democrazia
- waltervirga
- 10 gen
- Tempo di lettura: 6 min
Il recente caso della liberazione dalle carceri iraniane della giornalista Cecilia Sala, propiziato dal viaggio della Premier Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, residenza del Presidente eletto Donald Trump, unitamente al ruolo svolto (ma taciuto per ovvie ragioni) in questa vicenda come in altre da Elon Musk, ci induce a riflettere su alcune questioni che sembrerebbero certificare la fine dell’era della geopolitica classica e l’inizio di quella che chiamerei post-politica internazionale o, se si preferisce, personalismo geopolitico.
Ed infatti sarebbe inutile e non rispondente al vero considerare ormai quasi come un’anomalia, o un errore, il fatto che taluni soggetti dotati di ingentissimi patrimoni e ancor più vaste partecipazioni – spesso di comando – in società strategiche multinazionali svolgano un ruolo in prima persona confrontandosi, incontrandosi, scontrandosi ed influenzando l’agire degli Stati.
Anzitutto un discorso deve essere fatto sul concetto di Stato al giorno d’oggi.
Senza voler affermare che lo stesso ormai si riduce ad una estensione geografica, non si può nemmeno aver certezza che, al di là dello spirito di patriottismo e di appartenenza che coinvolge milioni se non miliardi di persone nel mondo, tali sentimenti poi, all’atto pratico, abbiano una effettiva ricaduta in termini di concretezza delle decisioni politiche.
Un caso emblematico è rappresentato dall’Unione Europea che, nel momento stesso in cui si è posta come fonte del diritto sovraordinata ai singoli Paesi membri, i quali hanno ceduto via via fette sempre più ampie di sovranità, ha di fatto certificato tanto la fine dei confini per come li si erano intesi sino alla sua istituzione, quanto l’avvento di una sorta di governo tecnocratico basato essenzialmente sulla necessità di governare le politiche economiche e monetarie dei Paesi aderenti.
Il primo obiettivo lo si è raggiunto con le misure volte a determinare tassativamente il rapporto ottimale deficit-pil, il secondo, invece, con l’istituzione della moneta unica che ha rappresentato non tanto un linguaggio comune per gli europei ma una giustificazione per la creazione di una Banca Centrale che potesse sostituirsi alle singole Banche Centrali nell’ottica della determinazione della politica monetaria di un intero continente il che, come ben si sa, ha diretta influenza sulla vita di ognuno di noi dal momento che dalle decisioni di tale Istituzione derivano conseguenze immediate e dirette sui livelli di inflazione e sul costo del denaro.
A parte ciò, ed a parte il fatto che in effetti l’Unione Europea ha sino ad ora consentito l’evitare di nuove guerre tra Europei – ma del futur non v’è certezza, stante l’innaturale allargamento ad Est dei confini dell’Unione – l’Unione di unito ha ben poco e ciò per la semplice ragione che, scavando sotto il vuoto strato di belle parole e ideali, ed ancora andando più a fondo anche delle ragioni tecnocratiche prima descritte, un tedesco ed un italiano, un ungherese ed uno spagnolo, uno svedese ed un portoghese non hanno nulla, ma proprio nulla in comune.
Non parlano la stessa lingua, non hanno uno stesso identico substrato religioso, non hanno un metodo di istruzione simile, non hanno condizioni economiche di base assimilabili, non hanno lo stesso concetto né di Patria né di Stato, non hanno le stesse forme di Stato e di Governo, non hanno la stessa morale sessuale, non hanno una stessa storia comune (salvo il fatto di essere la risultante vittoriosa della seconda guerra mondiale ma, anche sotto questo profilo, l’U.E. ha messo insieme vittoriosi e vinti, aggrediti e aggressori) e, soprattutto, non sono uniti da una nascita frutto di un’esigenza di autonomia e libertà che, come per gli Stati Uniti, costituisce il vero collante sociale di una comunità multietnica, multiculturale e multireligiosa che altrimenti sarebbe destinata alla disgregazione.
Detto questo, e capito, quindi il perché oggi ha poco o nessun senso utilizzare a sproposito – fuori quindi dal patriottismo più o meno di facciata – il termine Stato, può iniziarsi a trovare una giustificazione al fatto che le Istituzioni abbiano iniziato ad avere rapporti diretti e “proto istituzionali” con soggetti privati.
Il fenomeno però non è del tutto nuovo.
Senza voler andare troppo in profondità nella Storia, basti qui ricordare il primo triumvirato tra Cesare, Crasso e Pompeo che, a differenza del secondo triumvirato tra Ottaviano Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, legittimati dalla Lex Titia del 27 novembre del 23 A.C., fu essenzialmente un accordo privato tra tre cives (ovviamente ricchi, con prestigio e con alle spalle una ampia esperienza di governo e di guerra) i quali si posero a capo di quello che di lì a poco, sotto la guida di Augusto, sarebbe divenuto l’Impero.
Ciò sta a significare, se la Storia ci insegna qualcosa, che talvolta il destino di molti viene, e non per forza negativamente, plasmato dal volere di pochi e ciò con buona pace di chi vorrebbe la Storia come un moto che procede dal basso e si diffonde nel tempo quasi come i cerchi concentrici generati dal lancio di un sasso su un lago calmo. No, non va così. La Storia procede per strappi, scossoni, casi, circostanze impreviste o imprevedibili, macchinazioni, violenze e atti di generosità ma mai per un regolare rapporto di causa-effetto tra agenti e mai e poi mai su spinta proveniente dal basso.
Tornando al tema di queste riflessioni, il riferimento a tre privati cittadini che gestiscono, e si spartiscono, le sorti del Mondo, non è tanto diverso da quel che ora fanno coloro i quali, e Musk ne è solo l’esempio più mediaticamente noto perché altrettanto potrebbe dirsi di Bezos o altri capitani di industria di quel livello, forti del loro potere economico amplificato dal megafono dei social si mettono a tu per tu con le Istituzioni classicamente intese (usando un lessico romanticamente ottocentesco), facendo valere legittimamente i propri interessi ma, al contempo, offrendo soluzioni e alternative che le tanto decantate Istituzioni, proprio a causa della loro struttura ormai a-decisionale, non sono più in grado di offrire, oppure sono in grado di farlo ma al termine di percorsi troppo lunghi per essere anche utili nell’era digitale.
Siccome ritengo dovere di chi scrive essere obiettivi, anche e soprattutto quando l’obiettività diviene il dichiarare la “squadra per cui si tifa”, purché l’obiettività non sia la foglia di fico della partigianeria che è tutt’altra e deplorevole cosa, dico subito che l’avvento di tali soggetti, e di Musk in particolare, non solo è il naturale sviluppo del capitalismo ma, per di più, è un bene per una società che, altrimenti, nella costante ricerca di punti fermi ormai scomparsi (lo Stato, la Chiesa, il Partito) si affiderebbe non a chi ha dato prova di essere, come è, il migliore in un campo o in molti campi ma a chi, spesso mediocre, imbonisce maggiormente trovando poi la sua legittimazione nel voto che, a ben vedere, ormai certifica solo la maggioranza di quella sparuta minoranza che si reca alle urne.
L’obiezione è facile e me la fornisco da solo: così facendo, però, sparisce il concetto di democrazia!
Ora, a parte il fatto che la democrazia nel corso dei millenni dalla sua invenzione ha mantenuto inalterato solo il nome mutando invece di forma e contenuto plurime volte nei secoli, per di più il fatto che un qualcosa si evolva non è necessariamente un male, o se lo è non lo si può giudicare dalle impressioni che si colgono al momento della trasformazione: anche la crisalide mentre si trasforma in farfalla è sgradevole!
Ovviamente con ciò non intendo dire certamente che questo passaggio della Storia sarà semplice, né che non lascerà qualcuno indietro spingendo altri troppo avanti, ma più di questo credo non si possa aggiungere perché ci troviamo al cospetto di un inevitabile mutamento del paradigma al quale, in fondo ognuno di noi ha contribuito nel momento in cui, e personalmente non me ne pento, ha deciso che fosse meglio comprare on-line che recarsi alla cara e vecchia bottega di quartiere, ovvero organizzare e prenotare un viaggio senza l’intermediazione di terzi, ovvero accettare l’egemonia dell’inglese al posto delle lingue nazionali, o, ancora, avere la certezza di non perdersi in una grande, o sconosciuta, città senza dover sfogliare uno “stradario”, oppure capire in quale ristorante andare chiedendo al nostro cellulare informazioni sui ristoranti ubicati nella zona.
Insomma, solo un folle avrebbe potuto pensare che l’epilogo – ed ancora siamo ben lontani da ciò – dell’era post-moderna sarebbe stato un ritorno ad un qualcosa non solo di antico ma che nemmeno le ultime due (e tra poco tre) generazioni hanno mai visto dal vivo.
Ed allora ben venga Musk oggi, e domani chi per lui, perché, in fondo, rappresenta la liberazione dell’uomo da ogni legame psicologico rispetto ad archetipi non più funzionanti e, in più, manifesta plasticamente quella “volontà di potenza” senza la quale saremmo destinati, come specie, a non ambire mai a ciò che consideriamo impossibile limitandoci a non uscire mai dalla condizione di Untermensch nella quale ci ha spesso spinto la tanto decantata attuale forma istituzionale senza poter ambire al raggiungimento dell’Übermensch al quale, credo, sia legittimo volersi dirigere.
Come diceva qualcuno in riferimento alla Rivoluzione “non sarà una cena di gala”; è vero, non lo sarà…ma il menù sembra comunque interessante.

Commenti